PROLOGO: Isola di Failaka, Kuwait, Golfo Arabo

 

“Il rischio è il pane della Justice, Inc., signori.”

A parlare così, sotto forma di ologramma, era Angela Cleaver, fondatrice e Presidente della nuova Società di eroi a pagamento. Parole che non potevano che incontrare l’accordo e dei veterani e dei neo assunti Giustizieri.

Il primo gruppo comprendeva quattro elementi: Warwear, Midnight Sun, Lo Sciacallo Dorato, e il licantropo Sabre.

Invece, le cinque ‘reclute’ del secondo gruppo erano una scelta a dir poco singolare -erano alieni: Gog, Devicer, il capo del sottogruppo di Kymel della Forza 4, Firemane, Ghostmare, Thunderhoof, marito di Ghostmare..

“Ma, devo ammetterlo, credo che sia la prima volta che ci avviciniamo a creare una crisi internazionale.

“Recentemente, Pantera Nera, Sovrano del Wakanda, ha dichiarato la nascita di una Superfederazione pan-Africana, da lui stesso guidata[i]. Ha corredato tale annuncio affermando che i conflitti in corso, su ogni fronte, indipendentemente dalle etnie e religioni coinvolte, sarebbero gradatamente cessati. E la cosa peggiore è che sta succedendo.”

“’La cosa peggiore’?” fece Ghostmare, accigliata. “Voi terrestri siete una specie giovane, ma state facendo più danni a voi stessi ed al vostro mondo di quanti i nostri tecnocrati abbiano mai fatto. Come potrebbe la pace essere un male, soprattutto in questo martoriato continente?”

Angela non ebbe esitazioni nel rispondere, “I giochi di potere in quest’area del mondo, Kym, hanno risvolti ed implicazioni globali. Letteralmente. Nessuno è pronto ad un simile cambiamento, così improvviso: in più, sospetto che ci sia una qualche influenza esterna. Signori, è semplicemente ovvio che decenni e secoli di odii tribali e razziali non possono venire gettati al vento in pochi giorni e con un annuncio di buona volontà.

“Non abbiamo ancora sospetti precisi sul responsabile, ma, almeno, ci sta facendo un favore: non dovremmo trovare ostacoli di rilievo per il compimento di questa missione. Buona fortuna, Giustizieri.”

L’ologramma si spense. Warwear, alzandosi in piedi, disse, “Partenza oggi alle ore 14:00 in punto. Siate pronti e bene idratati…” Il resto delle sue raccomandazioni si perse nei pensieri di Sabre. Al diavolo tutto il resto, ora contava una sola cosa, da chiarire. Dopo, avrebbe deciso se stare con questa gente o meno…

 

 

MARVELIT presenta

di Valerio Pastore

Eroi a Pagamento

Episodio 13 – YESTERDAY…

 

 

Il tempio dedicato ad Anubi era, in confronto alle Solomon Towers, una struttura sobria. Gli alloggi dei Giustizieri non erano certo le soluzioni hi-tech con ambienti a simulazione, ma svolgevano egregiamente il loro compito; ognuno di essi era stato personalizzato in base alle esigenze del suo occupante.

Così, Sabre entrò in una stanza che simulava una tana nascosta sotto le radici di un albero, con le pareti attraversate da un intreccio di rampicanti verdi e profumati abbastanza da nascondere il suo odore. Una polla d’acqua si trovava in un angolo, e nella stanza accanto disponeva di un bagno di sabbia calda sempre pronto. A un suo comando, avrebbe avuto a disposizione una piccola schiera di ancelle pronte a prendersi cura di ogni stress…e di qualcos’altro…

Niente di tutto questo gli importava, tuttavia, in quel momento. Una volta sedutosi, in ginocchio, al centro della stanza, Sabre attivò un’unità nascosta sotto la pelliccia –innesti bionici, un ‘regalino’ della sua ‘padrona’…

L’ologramma di Angela apparve, a differenza che nella sala riunioni, a figura integrale. “Ci sono problemi, Sabr…”

Il licantropo la interruppe passando, per la prima volta in chissà quanto tempo, alla sua forma umana –un uomo di sana e robusta costituzione, dai capelli biondi, nudo e per nulla imbarazzato di esserlo. “Mi chiami Jack, Ms. Cleaver.” Freddo. Ostilità appena sotto la superficie, un segnale di essere pronto a tornare lupo e fare a pezzi in qualunque momento.

La donna annuì. Sospirò. “E’ successo prima di quanto mi aspettassi, ma sapevo che sarebbe successo, alla fine.”

Jack ridacchiò. “Ringrazi il medico. E’ stata una bella terapia d’urto, quella a cui mi ha sottoposto il Conte Dracula[ii], ma ha dato i suoi frutti.”

“…”

“Anche se non tutte le mie memorie. In qualche modo, c’è un buco, un abisso che non riesco a colmare. Un fatto recente.”

“E il resto della tua vita, quello lo ricordi bene?”

L’uomo annuì. “Jack Russell, nato Russoff, figlio di Grigor, che a sua volta era un licantropo. Credevo di avere ereditato la sua maledizione a causa dell’influsso del Darkhold, ma in realtà era già nel mio sangue. Appartengo al misterioso ‘Popolo’ citato da Dracula durante il nostro scontro.

“Ho passato una vita a credere di essere diviso in due, fra l’Uomo e la Bestia, ma in realtà proprio con quei pensieri stavo dividendomi: pensieri accesi da mia madre, che non era stata capace di accettare la morte di papà, dando al Lupo la colpa.

“Alla fine, le circostanze mi hanno portato alla riunificazione, anche se ancora su basi psicologicamente errate. Da quel momento, ho vagato in giro per il mondo, alla ricerca di coloro che potevo avere ‘infettato’ quando ancora non avevo il controllo sulla capacità di trasmettere la licantropia.”

L’ologramma annuì.  Angela possedeva un’espressione che per qualche ragione a Jack piacque molto poco. “Russell, hai almeno riflettuto sul fatto che c’è una ragione per la quale la verità e la tua memoria ti sono state tenute nascoste?”

“Ho riflettuto sul fatto che un mio buon amico e mia sorella, e una donna a me cara non hanno più mie notizie, così come io non so nulla di loro, e che può essere successo loro di tutto. E che sono stato trasformato in una versione di ‘Terminator’. E che se tu fossi responsabile di…”

“Come preferisci,” il tono di lei era ora di nuovo quello familiare, distaccato ed al contempo intenso. “Per cominciare, partiremo dagli innesti. Torna lupo.”

Lui lo fece.

“Stendi un braccio. Punta la mano verso il basso.”

Lui lo fece. Strano momento, per il baciazampa!

“Concentrati. Visualizza il braccio nella tua mente. Immaginalo senza gli innesti. Esegui.”

Lui lo fece. L’ologramma si spense. Naturalmente, si chiese se si fosse scomposto come Jeeg Robot d’Acciaio -la Cleaver gli aveva detto che gli innesti erano un modello ‘classico’, cioè ossa metalliche hi-tech coperte da un pelo sintetico che mimava perfettamente le funzioni di quello biologico -made in Wakanda & Zilnawa… “Occristo.”

Lo vedeva, e non ci credeva! Dalle dita, attraverso le unghie, stava colando del metallo. Cinque fini cascate di una sostanza simile al mercurio, occasionalmente attraversata da scintille azzurre…Jack osservò il fenomeno come ipnotizzato, fino al termine, cinque minuti dopo. E, alla fine, non si sentiva in alcun modo diverso o…svuotato.  Si guardò la mano, agitando le dita, come a volerne constatare l’integrità…

Osservò poi la pozza di ‘sangue’ metallico che pulsava a terra. Istintivamente, le diede un’annusata; odorava di qualcosa di biologico ma indefinito, e qualcosa di artificiale, e di ozono…

La voce di Angela gli giunse, questa volta, da un comunicatore subcutaneo nella gola. “Quello che vedi è un mucchio di naniti. Loro sono l’innesto, e la tua pelliccia è sempre stata quella naturale.”

“Robot? Non credevo che la tecnologia, sulla Terra, fosse così sviluppata…”

“La Talon Corporation è più avanti di quanto sospetti, in tale senso.”

“Perché non dirmi direttamente la verità? Alla fine, sono solo…macchine…” sull’ultima parola, esitò. Adesso che sapeva, si sentiva come…violato…

“I naniti sono serviti a mantenere la soppressione di alcune delle tue aree della memoria. E avrebbero ancora funzionato, se non fosse stato per il fulmine che Dracula ti ha lanciato contro. A suo tempo, mi sono sembrati la soluzione migliore per garantirti una maggiore protezione dagli attacchi di un super-essere.”

“E…non è che finirò col venire assimilato o roba del genere?”

“No. Quelle macchine sono state concepite e programmate solo ed esclusivamente per funzionare nel tuo corpo e con determinate funzioni. Non possiedono alcuna forma di intelligenza collettiva o volontà autonoma.”

Licantropus annuì.

“Passiamo ora ai tuoi amici e parenti: tua sorella, Lissa, sta bene. Si trova in una località segreta, protetta dal meglio che i soldi possano comprare in programmi di sicurezza; a spese del Popolo, nel caso te lo stessi chiedendo.

Buck Cowan, il giornalista, lavora adesso presso il Daily Globe. Ha rimesso in piedi i cocci della sua vita e, sì, gli manchi. Anzi…dovrei dire che sta diventando alquanto insistente pur di ritrovarti.

Topaz, che fu la tua donna, è morta.”

“Co..?” il sollievo che aveva provato sentendo di Lissa e Buck si estinse insieme ad almeno un battito del suo cuore. Non sapeva perché aveva deciso di dare ancora fiducia ad una donna che non conosceva affatto e che faceva del doppio gioco uno stile di vita…ma l’istinto gli diceva che poteva fidarsi…

“Ad un determinato punto della sua vita, è stata irrimediabilmente corrotta dall’entità extradimensionale nota come Dormammu, ed è diventata Darklady. In tale stato, ha causato la crisi di Inferno2. E in tale stato, è deceduta dopo uno scontro contro un assembramento di super-esseri.”

Jack iniziò a capire cosa provassero i pazienti in coma che si risvegliavano solo per scoprire un mondo improvvisamente diventato alieno. Topaz era stata molto più di un’amante, era stata una cara amica, la sola capace di stargli vicina quando lui perdeva il controllo…

Almeno, Angela non gli disse il ‘mi dispiace’ di rito, o se la sarebbe segnata per davvero! “Il mio vuoto di memoria. La mia amnesia…dimmi di quelli.”

“Farò di meglio: lascerò che tu scopra tutto da solo. Hurushia.

Una parola-chiave! Un’ulteriore ‘dispositivo di sicurezza’ imposto per ipnosi nel caso che i naniti fallissero il loro compito. Jack lo capì non appena sentì come un velo sollevarsi dai suoi ricordi. Ricordi così vividi che li rivisse con un’intensità da sogno ad occhi aperti.

Intorno a Licantropus, la stanza si dissolse. Le pareti si sgretolarono, caddero in polvere, e i rampicanti divennero spesse querce. L’erba sul pavimento si sollevò, passando dallo stadio di verde e morbido tappeto a ruvido ostacolo cosparso di fiori ed erbacce che nascondevano sassi, radici e buche. Il tetto della stanza fu sostituito da un cielo in cui brillava una mezza luna calante.

Ed io ero lì, in forma umana. Sedevo sulla mia Harley, e mi sentivo come un intruso fatto e finito su quella strada sterrata. Ero sicuro che da un momento all’altro sarebbe arrivata una guardia forestale pronta a farmi la festa a colpi di multa per essere venuto su un cavallo di ferro.

Ma nulla, neanche un provvedimento di espulsione per licantropia molesta, avrebbe potuto dissuadermi dal fare il mio dovere. La locanda-ostello davanti a me era fonte di informazioni, e mi servivano info, e in fretta.

Un tempo, non mi sarei neppure preoccupato di avvicinarmi volontariamente a questi posti. Un tempo, ci sarei passato solo in preda al delirio della Luna Piena, in cerca di preda commestibile. Un tempo, ero un mostro assassino, vittima della mia stessa incapacità di accettarmi per quello che ero; ignorantia non excusat. E, peggio, alcune mie vittime non furono così fortunate da morire sotto i miei morsi.

In più di un’occasione, ero diventato ‘padre’. Avevo generato mostri simili a me, e, spesso, mostri con ancora meno scrupoli del mio Io più selvaggio. Come i Mangiacervelli, una gang di motociclisti che avevano fatto della violenza estrema uno stile di vita. Da mannari, erano diventati, se possibile, ancora peggiori…E quanti altri ne avevo contaminato? Quante vite avevo involontariamente distrutto?

Così, avevo poco saggiamente deciso di trovare i miei ‘figli’, e liberarli dalla maledizione. In un modo o nell’altro.

Ma, come sempre, era meglio procedere un passo alla volta. Stasera, si trattava di vedere quanto di vero c’era nella leggenda moderna di una strega che viveva da queste parti. Una strega capace di diventare una lupa. Metà degli indizi me li avevano forniti i tabloid e, mano a mano che procedevo, i pettegolezzi.

Parcheggiai la moto davanti all’ingresso –meglio essere pronti ad una rapida fuga, non si sa mai- ed entrai, mostrando tutta la spavalderia del turista straniero e saccente. Fui completamente ignorato!! Mi andò bene se mi lanciarono due o tre occhiataccie del tipo ‘che tempi’!

Mi avvicinai al bancone, dominato da uno schermo al plasma a sua volta occupato da una cronaca sportiva in Bavarese stretto. La più vecchia delle bottiglie avrà avuto un anno. Niente Schnappsm in compenso gli immancabili salatini in ciotole plastificate. L’oste era una ragazza, un modello-Helga che, all’età di 40 anni, si sarebbe inevitabilmente irrobustito fino a potermi strappare la pelliccia di dosso con un ceffone. Meglio tenersela buona fin d’ora.

«Posso fare qualcosa per te, straniero?» chiese lei, mettendomi un bicchiere vuoto davanti.

Io appoggiai i gomiti al bancone. Indicai un classico whisky con gli occhi.  «Niente che un po’ d’amore o molti soldi non possano fare.» Una vera fortuna avere già viaggiato mezzo mondo. Un giorno avrei dovuto fare l’interprete all’ONU.

La ragazza ridacchiò, mentre riempiva il bicchiere. «Fai l’Americano, ma non lo sei. Da dove vieni?»

«Transilvania. Mi chiamo Jacobi Russoff. Sono qui per incontrare la Strega.»

Di solito, in un bel film di serie B, soprattutto di quelli pieni di effettoni speciali, l’atmosfera si fa di colpo tesa. Tutti tacciono e guardano l’incauto stolto pronto per il macello ed il piatto d’argento.

In realtà, per l’attenzione che mi dedicarono –avevo parlato in modo da farmi sentire almeno dalla prima fila dei tavolini- avrei potuto annunciare che volevo incontrare un vecchio zio.

La ragazza-Helga indicò una direzione imprecisata con lo sguardo. «La sua baracca è quanto rimane di un cottage di qualche cacciatore, roba del secolo scorso. Ci abita solo lei. A suo dire, ne ha risolte di crisi matrimoniali, ma avrebbe anche lanciato qualche malocchio. Una cosa è certa: da quando abita lì, nessuno osa sparare una cartuccia nel raggio di venti chilometri.»

Bevvi. Sciacquetta d’importazione, che tempi! «So che hanno avvistato dei lupi…»

Il volto di lei si fece severo. «Ilse ha passato una vita infelice. I suoi l’hanno abbandonata fin da piccola, ed è cresciuta balzando da un orfanotrofio all’altro. Una delle famiglie che l’hanno adottata bazzicavano con la…magia,» quasi la sputò, la parola. «Quando ha raggiunto la maggiore età, e nessuno più la prendeva, si è trasferita qui. Ne avrebbe da insegnare, ai cosiddetti ‘turisti responsabili’, ma visto che conosce flora e fauna di questi posti come il palmo della sua mano, tutti a dire che è una specie di figlia dei Wicca. E tu, di che avresti bisogno, da lei?»

Cominciavo a sentirmi come una specie di protettore intento a visitare la sua puttana. Insomma, mi vergognavo come uno scemo. Fui salvato proprio dalla ragazza, che scrollò le spalle. «Almeno, Ilse sa difendersi. A fare la vita che ha fatto, si diventa tosti.»

Non finii il drink -era già stato un errore prenderlo, avevo scoperto che il Lupo andava in ciucca facile quando mi trasformavo senza avere finito di metabolizzarlo- e ringraziai dopo avere lasciato qualche moneta sul bancone.

Mentre procedevo verso l’uscita, mi accorsi di qualcosa di strano -da quando io e la Bestia ci eravamo integrati, i miei sensi, anche in forma umana, si erano rinforzati non poco. Non si trattava di qualcosa di bene definito: più che un singolo fattore, a mettermi a disagio era un insieme di frammenti -odori che parlavano di diffidenza, movimenti prudenti, furtivi, un silenzio così intenso da essere rumoroso…

Voltai discretamente lo sguardo. Tutti facevano i propri affari, come quando ero entrato. Nessuno mi guatava, ma era come se l’intero locale si fosse animato, per un momento. E non mi piaceva, non mi piaceva affatto!

Uscii. Se qualcuno voleva giocare al gatto e al topo, avrebbe scoperto chi era davvero il gatto!

 

Una volta fuori, mi allontanai verso il bosco. Se davvero questa ‘Ilse’ si trovava nella direzione indicata, allora ci sarebbe voluta una tonnellata di acido per aprirsi un varco, là dentro. Sospirai: chissà, magari questa volta non me l’avrebbero rubata. L’ultima, ho dovuto seguire la pista per un mese, prima di rivederla…almeno, fui molto convincente nell’ottenere una riparazione decente dai ladri stessi.

Entrato a sufficiente profondità nella vegetazione, mi tolsi gli abiti. Ne feci un fagotto, appendendolo per la cintura a un ramo -i vantaggi di essere come sono è che nessun animale aveva voglia di giocarci, una volta nasata la roba.

Cambiai. Il freddo smise di pungere la pelle, i suoni disordinati per l’orecchio umano divennero un’ordinata composizione, gli odori mi travolsero, i colori assunsero sfumature tutte nuove, e il suolo sotto le mie zampe era fresco. Mi sentii felice.

Scattai. Mi concentrai quasi esclusivamente sul mio naso: cercavo una licantropa, quindi era inutile farsi distrarre da…

Eccola!

La mia specie possiede una traccia odorosa particolare, potreste dire speciale, unica. Impossibile sbagliarsi. Ingranai la quarta, indeciso se spaventarmi all’idea di trovarla o di perderla.

Una femmina. Cavolo, da quanto tempo non ne avvicinavo una? L’ultima era stata il capobranco dei Mangiacervelli, non proprio il mio tipo: cacciare umani non è divertente, dopo la prima volta.

Che mi piacesse o no, i miei ormoni scalpitavano. Dio, come speravo che non finisse in una scazzottata!

Giunsi alla baracca senza problemi. L’odore era forte e fresco, e veniva dalla casa -che ben meritava l’epiteto affibbiatole. Era chiaro che stava in piedi solo grazie ai viticci che ormai si erano consolidati alle pareti. Il camino era un tubo così arrugginito che si sarebbe sfaldato se ci avvicinavi un fiammifero.

Una tana dall’aspetto cadente ma abitata. Avevo voglia di latrare eccitato, per farmi sentire. Invece, mi feci forza e mi avvicinai a testa bassa. Mi concentrai, e scoprii che una cosa era vera: la magia permeava questo posto. Magia bianca, positiva, alimentata dalla foresta e focalizzata da una volontà gentile ma forte…

La porta si aprì! Nonostante i cardini vistosamente arrugginiti, non fece che un fruscio.

E lei era lì, sulla soglia. Nella sua forma umana, era stupenda! Indossava un paio di jeans strappati all’altezza delle ginocchia, e una camicia cortissima, che le lasciava scoperte il ventre e le braccia fino ai gomiti. I capelli erano di un rosso intenso, su occhi verdi e la pelle abbronzata.

Era la Strega. La mannara. La sua sola presenza mi investì come un tornado.

Ilse si voltò verso di me. Ero sicuro di essere ben nascosto, di essere sottovento, e di essere stato quanto più silenzioso possibile…ma lei mi aveva visto lo stesso. Sorrise, e in quel sorriso non c’era malizia.

Mi scoprii ad alzarmi in piedi. Non riuscivo a staccarle gli occhi da dosso, verde contro verde: era lei l’alfa e io le avrei obbedito come un cucciolo. E se vi do quest’impressione di incoerenza, avrei voluto vedere voi al mio posto, con i miei sensi.

 

Entrando, vidi che l’interno della baracca non era migliore dell’esterno. Se si escludevano un tavolo tondo e cinque sedie, tutti nuovi, l’abbandono era totale; persino le ragnatele avevano fatto la polvere, e gli scarafaggi non sapevano che farsene di un luogo senza cibo per loro. Quella non era una casa che la Donna usasse. Quella era solo una facciata, fumo negli occhi.

E una tana per la Lupa. “Ti stavo aspettando, Licantropus.”

“Mi…conosci?” esitavo, non sapevo trovare le parole. Ben altre parti di me stavano lottando per prendere decisioni!

Ilse si sedette su una sedia, invitandomi con un cenno a fare lo stesso. Quando mi fui seduto, lei disse, “Il Popolo ti conosce bene, anima smarrita e solitaria. Il tuo coraggio è leggenda…anche se mal riposto.”

*?*

Ilse si passò una mano fra i capelli. Come in un gioco di specchi, appena il movimento ebbe coperto il suo volto, al suo posto c’era la lupa. Una trasformazione rapida, pressoché istantanea. Non indossava più niente, e mostrava una pelliccia uniformemente rossa e gli occhi ancora più intensi. E non mi era mai parsa ancora più desiderabile!

“Senti forse il tuo sangue nel mio, Jack Russell?” chiese lei, scuotendomi dallo stupore erotico. Io scossi la testa, meccanicamente all’inizio…poi, annusando più a fondo, scoprii che, in effetti, in lei non c’erano tracce di me. Non era una mannara a causa del mio morso.

Mi era capitato di incontrare altri licantropi, certo…ma costei era diversa. Era qualcosa più del sesso e basta, era come una forma di…compatibilità… “Cos’è questo ‘Popolo’? Un’organizzazione, o...?”

Ilse si alzò in piedi, per poi chinarsi a gattoni, a terra. Si stiracchiò, lanciando un gran sbadiglio pieno di zanne, offrendomi una visione completa della sua sinuosità. Capii perfettamente il tormento di Ulisse con le Sirene!

Ilse si mise seduta, appoggiando un braccio e la gola sulla mia gamba. Guardandomi dritto negli occhi, mi disse, “Niente del genere, Jack. Il Popolo siamo noi, tutti i lupi naturali e mannari, in qualunque parte del mondo. Siamo una specie, Jack. Una specie perseguitata da più tempo di quanto tu possa solo immaginare.” Il suo tono si fece triste. “E tu, a tuo modo, stai contribuendo al nostro tormento.”

“Io..?”

Ilse si mise in piedi. “Dimmi, che intenzioni avevi con me?”

“Voglio aiutarti,” risposi senza la minima esitazione. Sì, ero fesso.

“Aiutarmi a ‘guarire’, giusto? Deve essere davvero orribile, essere costretti a vivere con quest’aspetto così mostruoso…”

Se fossi stato un uomo qualunque, ignorante, pieno di pregiudizi instillatimi da una cultura cieca, sarei certamente stato d’accordo. Ma non parlavo per ignoranza: parlavo per esperienza. Se Ilse era un’assassina, l’avrei fermata comunque.

Scodinzolando, Ilse tornò a sedersi. “Il tuo corpo parla per te, dovresti averlo imparato. Il silenzio non è un’arma efficace, per noi.

“Ilse…so quanto sia inebriante il Lupo, ma so anche quanto facile possa essere perdere il controllo. Io…”

“E come intenderesti ‘curarmi’? Mi mordi come uomo e tutto passa?”

Dovevo dirglielo? Potevo? Era il mio più grande segreto: una volta che avessi spifferato tutto, non avrei potuto tornare indietro! Ma come potevo decidere? Improvvisamente, sentivo qualcosa di sbagliato, in tutto questo, nella mia missione, le mie motivazioni…Ilse era tutto quello che non avevo mai incontrato in un licantropo. Semplice così.

“Io…” la mia bocca parlò per me, era come se me l’avessero anestetizzata, per il controllo che ne avevo. Parlai senza alcuna intenzione di parlare. “Io conosco una…persona. Lui può aiutarti, se lo vuoi.”

“È sufficiente, Jack Russell.” La voce e l’odore erano di un mannaro, ne ero sicuro. Ma una creatura come mai l’avevo percepita! E quello fu tutto ciò che potei pensare e fare, perché l’attimo successivo, un’enorme mano artigliata si chiuse sulla mia testa!

Un dolore orrendo attraversò ogni mio pensiero; il mio corpo divenne come di gelatina -non avevo mai percepito un simile dolore. Prima di precipitare nel buio, mi diedi dell’idiota per esserci cascato in quella trappola fatta e finita…

 

…E dal suo risveglio, si era trovato nel salotto di Angela Cleaver. In qualche modo, era diventato un lupo a tutti gli effetti, e…be’, il resto è storia.

E Jack Russell, Licantropus, stava vergognandosi molto. “Dunque, il mio…benefattore mi aveva in realtà usato per trovare ed uccidere i miei simili?”

“Esatto. Aveva magicamente installato una sonda mentale per guidare il tuo comportamento e le tue azioni. Non essendo ancora pienamente integrato con il Lupo, hai lasciato nella tua mente uno spazio vuoto che il Cacciatore ha sfruttato egregiamente. Solo un Consigliere del Popolo poteva trovare quella sonda e distruggerla. E, per essere sicuri che non potessi essere più contattato da lui, è stata soppressa ogni memoria dell’incontro con Ilse.”

“E adesso, la sonda tornerà a..?”

“No, sei stato esorcizzato. La soppressione della memoria era una misura precauzionale.”

“Che ne è stato, di Ilse? E perché con lei ho provato quelle sensazioni? Topaz…”

“Ilse sta bene. È vigilata da una comunità composta di altri lupi e di Votati. Non corre rischi. Quanto al tuo…innamorarti,” qui la voce di Angela si fece di una tacca più allegra, “be’, rispondevi semplicemente ai messaggi sociali della specie, solo che eri troppo zuccone per farci caso. Infatti, come ti ricordi, ti aveva sorpreso che un mannaro potesse comportarsi razionalmente ed amichevolmente.”

“…”

“Sono stata contattata per poterti proteggere efficacemente. Anche per questo ti ho voluto nei Giustizieri, perché potessi lavorare in squadra, non da solo. Adesso, sta a te decidere: se lasci la JI, il Popolo ti proteggerà, ma le tue probabilità di…”

Licantropus fliccò le orecchie all’indietro. Un attimo dopo, sulla soglia si presentò Midnight Sun. L’uomo-lupo si alzò. “Per ora, voglio solo portare a termine questa missione. Al resto, ci penseremo dopo.”

I Giustizieri uscirono dalla stanza. E così, finalmente, Jack aveva avuto delle risposte, anche se in qualche modo esse lo preoccupavano più delle domande.

A partire da quella più importante: chi era il suo misterioso benefattore, l’uomo che lo aveva ingannato, e che in segreto aveva ucciso degli innocenti? E poi, Lissa e Buck: doveva tornare da loro, e presto! Non poteva aspettare che l’altro facesse la prima mossa…



[i] Su WORLDWATCH #19

[ii] Ep. #11